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Giornata della Memoria: Un viaggio nel passato attraverso il role playing

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In occasione della Giornata della Memoria, la classe 2A ha partecipato a un’attività coinvolgente di role playing, pensata per far riflettere profondamente sui temi dell’Olocausto, della giustizia e dell’umanità.

L’attività si è articolata in due momenti distinti: Nella prima parte, i ragazzi hanno interpretato il ruolo di deportati, raccontando brevemente la storia di persone realmente vissute, vittime della Shoah; attraverso le loro narrazioni, hanno dato voce a coloro che hanno sofferto e hanno affrontato la crudeltà del periodo nazista, immedesimandosi nelle loro vicende personali.

Nella seconda parte, i ragazzi si sono “trasformati” in Giusti tra le Nazioni, uomini e donne che hanno rischiato la propria vita per salvare altre persone dall’Olocausto; interpretando le loro storie, hanno esplorato il significato del coraggio, della solidarietà e dell’altruismo in momenti di grande pericolo.

L’obiettivo di questa attività era aiutare gli studenti a comprendere in maniera profonda e personale i fatti storici, sviluppando empatia e consapevolezza. Grazie al role playing, la storia è diventata viva, trasformandosi in un’esperienza emotiva che ha toccato le corde della sensibilità di ciascuno. L’attività ha rappresentato un’occasione per imparare non solo dal passato, ma anche per riflettere sul ruolo che ogni individuo può avere nel costruire un mondo più giusto e umano.

Grazie a tutti gli studenti per il loro impegno e la loro partecipazione attiva!

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Oggi, 27 gennaio, ricordiamo tutte le vittime, sopravvissute e non, dell’Olocausto. Ricordiamo quel fatidico giorno in cui i cancelli di Auschwitz furono aperti, ricordiamo un periodo buio della storia, ricordiamo un pezzo di tutti noi. Oltre a commemorare la vita delle vittime, che hanno subito atti disumani che nessun essere vivente merita di conoscere nella propria vita, ricordiamo anche chi si è ribellato a tutto ciò, chi è andato contro la “legge” – se così si possono chiamare le regole messe in atto in quegli anni – chi ha avuto il vero coraggio, accompagnato dalla paura per la propria vita, ma soprattutto per quella degli altri. Le persone in questione sono i cosiddetti Giusti, coloro che hanno salvato vite su vite senza preoccuparsi di mettere a rischio la propria.

Oggi posso dire di aver imparato che l’uomo, il mondo, la vita (in pratica tutto) presentano grandi contrasti: la bontà e la cattiveria, la giustizia e l’ingiustizia, la vigliaccheria e il coraggio, l’indifferenza e l’interesse. Tutto questo l’ho capito perché oggi ognuno ha recitato la storia di un personaggio con una vita completamente diversa dagli altri. Ad esempio, il mio personaggio era Renata Laxova, che fu salvata dai Kindertransport, un’associazione inglese che metteva in salvo gli ebrei dalla deportazione. Una mia compagna ha recitato la storia di Anna Frank, che invece è morta poco dopo essere stata deportata in un campo di sterminio. Così tanti altri, ognuno con una storia particolare, tanto triste quanto importante da far conoscere al mondo.

Riflettendo, sono arrivata alla conclusione che ammiro molto i Giusti, ma mi chiedo: se oggi accadesse qualcosa di simile alla Seconda Guerra Mondiale, avrei il loro stesso coraggio? Non lo so. Ma sono certa che, nel mio piccolo, farei qualcosa, anche solo attraverso piccoli gesti invisibili. Ciò che mi limita di più, però, è la mia giovane età e il fatto di dipendere dai miei genitori. Non so come loro reagirebbero. Di certo non starebbero fermi a guardare, ma sono anche sicura che il fatto di avere una figlia li frenerebbe molto. Inoltre, mi sono resa conto di quanto a lungo le vittime di questo sterminio di massa siano state sottovalutate, non ascoltate, incomprese. Questa cosa mi fa riflettere molto, perché mi chiedo come abbiano trovato la forza di ricostruirsi una vita dopo aver perso tutto e tutti. Certo, non tutti hanno perso tutto. Ad esempio, Liliana Segre, quando tornò a casa, trovò i nonni e gli zii ad aspettarla. Eppure, nel suo libro racconta di quanto sia stato difficile andare avanti in un clima di incomprensione e rifiuto. Le case editrici non volevano pubblicare libri che raccontassero la loro storia, nessuno gli credeva, i sopravvissuti venivano ritenuti quasi dei bugiardi.

Solo decenni dopo la società iniziò ad aprirsi, permettendo a molte vittime ancora in vita di raccontare quello che era accaduto, affinché non fosse dimenticato. Perché ricordare è importante, per rendere onore a chi è morto nei campi di concentramento e per fare in modo che ciò che è accaduto non si ripeta mai più. Questo l’ho imparato a scuola, ma anche da alcune esperienze di vita. Per concludere questi miei pensieri, vorrei citare una frase molto significativa, usata per descrivere i Giusti: Chi salva una vita, salva il mondo intero”.

Giulia Romano

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Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, una ricorrenza dedicata a ricordare gli ebrei perseguitati e uccisi dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Con la nostra professoressa abbiamo fatto un’attività molto significativa: ognuno di noi ha ricevuto una frase di una persona che è riuscita a sopravvivere ad Auschwitz e di un Giusto, cioè qualcuno che ha rischiato la propria vita per salvare gli ebrei dalla persecuzione. Io, ad esempio, ho impersonato il deportato Yitzhak Ganon,  un deportato che è riuscito a sopravvivere all’inferno di Auschwitz, e il Giusto Henri Reynders, un Giusto che ha salvato centinaia di ebrei dalla persecuzione nazista. Questa esperienza mi ha fatto riflettere molto sull’importanza della memoria e sul valore del coraggio e della solidarietà.

Michele Galante

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Ieri era il Giorno della Memoria, e noi alunni della 2A della scuola Calò abbiamo imparato la storia di due personaggi: una di un deportato ad Auschwitz e una di un Giusto, ovvero una di quelle persone che hanno aiutato gli ebrei a scappare. Dovevamo portare due sciarpe: una di colore scuro e una di colore acceso. Durante le ultime due ore di lezione, siamo andati in palestra e ognuno di noi ha recitato la propria parte. Da questa giornata ho capito che la discriminazione è qualcosa di profondamente sbagliato, non è un fenomeno che riguarda solo il passato, ma esiste ancora oggi, proprio come è accaduto tanti anni fa con gli ebrei. Una cosa che mi rendo conto di non poter comprendere fino in fondo è il dolore che hanno provato le vittime dell’Olocausto: chi non ha vissuto quell’orrore non può davvero sapere cosa significhi trovarsi in una situazione simile.

Se fossi stato un Giusto all’epoca, avrei fatto il possibile per aiutare le persone perseguitate, offrendo loro cibo e rifugio. Sapere di aver salvato qualcuno mi avrebbe fatto sentire una persona giusta, a differenza di chi ha scelto di rimanere indifferente invece di aiutare. Pensare a tutto questo mi fa rabbrividire: trovo ripugnante l’idea che alcuni esseri umani abbiano potuto uccidere altre persone in quel modo. Per me, chi commette simili atrocità non può essere considerato umano, perché tutti siamo uguali e nessuno è superiore o inferiore agli altri. Ritengo che questo sia uno dei periodi più bui e terribili della storia, e per questo è fondamentale ricordare, per evitare che si ripeta.

Michele Mercante

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Durante la Seconda Guerra Mondiale furono istituiti campi di sterminio per persone considerate “sporche e inferiori”. Questo portò alla distruzione di intere famiglie, alla separazione di bambini dai genitori, destinati alla morte insieme agli anziani, ai malati e ai più deboli. Altri, invece, venivano sottoposti a lavori forzati e brutalmente maltrattati, fino alla morte. Tuttavia, ci sono stati anche sopravvissuti che hanno testimoniato l’orrore vissuto. Uno dei più grandi campi di sterminio fu Auschwitz-Birkenau, liberato il 27 gennaio 1945, quando i cancelli di quell’inferno furono finalmente aperti e gli ultimi prigionieri furono salvati. Oggi, 27 gennaio 2025, noi ragazzi della 2^A dell’I.C. G. Calò abbiamo voluto ricordare sia chi è stato deportato sia chi, con coraggio, ha rischiato la propria vita per proteggere e nascondere coloro che erano in pericolo, come gli ebrei. Io ho interpretato Anna Frank, che ha lasciato una delle più importanti testimonianze di quel periodo attraverso il suo diario, e come Giusta ho rappresentato Anna Borkowska, una suora polacca che nascose un gruppo di ebrei nella sua abbazia. Dalle loro storie, così come da quelle rappresentate dai miei compagni, ho capito che ogni vita ha un valore e va rispettata sempre, senza alcuna distinzione. Razze, superiorità e tutti gli stereotipi creati dalla società non esistono nella realtà, perché ogni persona è degna di essere rispettata e amataUn’altra cosa che ho compreso è che per fare giustizia non serve avere un alto status sociale, ma è fondamentale fare la cosa giusta quando qualcuno è in difficoltà o subisce un’ingiustizia. Spesso la gente agisce seguendo la massa, senza pensare realmente alle conseguenze delle proprie azioni. Tuttavia, c’è sempre qualcuno che si distingue, compiendo il proprio dovere e pensando con la propria testa. Ancora oggi, anche se i campi di concentramento sono stati chiusi e si afferma che certe ideologie siano state abolite, discriminazioni e pregiudizi esistono ancora. Non nella stessa forma del passato, ma sotto altre modalità. Spesso i giovani di oggi discriminano senza nemmeno rendersene conto. Per questo è importante ricordare e riflettere su ciò che è successo, per evitare che gli errori del passato si ripetano.

Felisianna Catapano

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Oggi sono stato assente, ma qualche giorno fa ho avuto l’opportunità di visitare la mostra sull’Olocausto al museo Mupa insieme a una guida. Nella mostra c’era tutto: date, numeri, luoghi. Si parte subito dalla pianta di Auschwitz (in polacco Oświęcim), che era diviso in tre campi di concentramento: Auschwitz I, Auschwitz II – Birkenau e Auschwitz III – Monowitz. Inoltre, ci hanno spiegato che, prima di essere presi dai russi, i tedeschi cercarono di cancellare le tracce dello sterminio, incendiando tutto ciò che avevano davanti. Abbiamo poi conosciuto la storia di alcuni deportati sopravvissuti, come Primo Levi, scrittore e testimone dell’Olocausto. Abbiamo anche visto un video con la testimonianza di una deportata ungherese, che ha raccontato le terribili condizioni del viaggio nei vagoni del treno: stretti, soffocanti, senza spazio per muoversi. Avevano a disposizione solo due secchi, uno con l’acqua e l’altro per i bisogni. All’arrivo nel campo, i prigionieri venivano smistati: i soldati gridavano “sinistra” per quelli deboli, destinati alle camere a gas, e “destra” per quelli assegnati ai lavori forzati. La donna racconta che, non capendo il tedesco, inizialmente seguì sua madre, che era stata mandata a sinistra. Lei, invece, doveva andare a destra. Un soldato tedesco, usando il calcio del fucile, la colpì alla testa, facendola svenire e rompendole l’orecchio. Da quel momento, non rivide mai più sua madre… Tutto questo mi ha lasciato dentro una profonda tristezza e un’angoscia fortissima. Mi sono posto due domande: perché e come è stato possibile accettare un orrore simile? Il fatto che tutto ciò sia accaduto, che un uomo possa fare così tanto male a un altro in modo così crudele, mi spaventa. Mi fa riflettere su quanto possa essere devastante la lotta per il potere e gli interessi. È difficile credere nella giustizia quando penso a tutti quei poveri bambini morti, a quanta dignità è stata violata, a quante famiglie sono state distrutte… Posso solo sperare che tutto questo non accada mai più. E posso impegnarmi affinché non succeda, coltivando dentro di me e negli altri il valore del rispetto e non dimenticando mai quello che è successo nel passato.

Giuseppe Calabria

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Oggi, 27/01/2025, è la Giornata della Memoria, un giorno dedicato a ricordare i morti e i sopravvissuti ai campi di concentramento. Per commemorare questa ricorrenza, la classe 2^A ha interpretato alcuni detenuti dei Lager di Auschwitz-Birkenau. Abbiamo cantato una canzone molto significativa: Gam-Gam. All’apparenza può sembrare una melodia dolce, ma il suo significato è terribile, perché veniva cantata dai bambini poco prima di morire nei crematori. Io, come deportato, ho interpretato Samuel Modiano, un ebreo greco nato a Rodi nel 1930. A soli 13 anni gli venne tatuato un numero sul braccio, come accadde a molti deportati, ai quali fu tolto anche il nome. Nonostante tutto, riuscì a sopravvivere a quell’inferno, come lui stesso lo definisce. Modiano racconta di essere sopravvissuto per ricordare chi non ce l’ha fatta. Questa frase fa riflettere su quanto Hitler e i nazisti fossero crudeli, incapaci di provare pietà persino per bambini di 13 anni, come Modiano e tanti altri. Successivamente, abbiamo rievocato le storie dei Giusti, coloro che si sono sacrificati per salvare vite innocenti. Alcuni di loro sono sopravvissuti, altri purtroppo no. Tra questi c’era Oskar Schindler, che, pur essendo un nazista, salvò migliaia di famiglie ebree. Alla fine della guerra, però, dovette fuggire per evitare l’arresto. Io ho interpretato Aristides de Sousa Mendes, un diplomatico portoghese che firmò migliaia di visti per permettere agli ebrei di lasciare la Francia e mettersi in salvo. Alla fine della sua vita disse una frase che mi ha colpito profondamente: “Ho perso il mio lavoro, ma salvare vite era più importante.” Queste parole mi fanno riflettere su quanto alcune persone fossero disposte a sacrificare tutto, perfino la propria vita, per salvare quella degli altri. Quello che hanno fatto i Giusti, io lo rifarei, perché, come diceva Aristides, “salvare vite era più importante.”

Simone Bosco

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Oggi, 27/01/25, noi ragazzi abbiamo rievocato in palestra la situazione delle persone deportate nei campi di concentramento e quella dei “Giusti”, ovvero coloro che hanno salvato gli ebrei. Io ho interpretato Shlomo Venezia e ho capito che quest’uomo era stato costretto a lavorare nei crematori. Ne era profondamente disgustato, ma è riuscito a sopravvivere, anche se il terrore lo ha segnato per sempre. Poi ho interpretato Flitz Engelberg Klein, una persona che ha salvato migliaia di ebrei nei rifugi alpini, curandoli e fornendo loro cibo. Per proteggerli, diede loro documenti falsi, rischiando la vita: se i nazisti lo avessero scoperto, lo avrebbero ucciso. Io non vorrei mai essere un Giusto, perché il rischio di mettere in pericolo anche altre persone sarebbe stato troppo grande. Ho anche capito che per gli ebrei il silenzio era una forma di resistenza: nei momenti di silenzio, loro cantavano. Infine, ho appreso la storia di Oskar Schindler, un nazista che ha salvato più di mille ebrei. Alla fine della guerra, si è pentito e gli ebrei, in segno di gratitudine, gli hanno donato un anello fatto con i loro denti d’oro.

Andrea Bitetti

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La Giornata della Memoria è una ricorrenza che ci invita a non dimenticare una delle tragedie più atroci della storia: l’Olocausto. Ma, al di là del significato commemorativo, il “perché” dobbiamo ricordare è un interrogativo fondamentale. Ricordare è un atto di giustizia. È giusto onorare la memoria di chi ha sofferto, di chi è stato privato della propria dignità e vita, per non farli cadere nell’oblio. Le vittime della Shoah non sono numeri o statistiche, sono esseri umani con storie, sogni e diritti. Il nostro dovere è quello di dare voce a chi non può più raccontare la propria esperienza, affinché le ingiustizie del passato non vengano mai dimenticate. Ricordare è anche un atto di prevenzione. La storia ci insegna che l’indifferenza e il silenzio sono complicità. L’Olocausto è il risultato di una lunga catena di esclusione, razzismo, discriminazione e indifferenza. Non ricordare significa dimenticare come sia facile che un odio cieco e inumano possa radicarsi in una società, con effetti devastanti. Solo conoscendo la storia possiamo riconoscere i segnali di pericolo e fermare il ripetersi di simili atrocità. Inoltre, ricordare è un atto di responsabilità. È un invito a non chiudere gli occhi di fronte alla sofferenza e a non accettare mai che la violenza venga giustificata. È importante che le nuove generazioni imparino a conoscere e riflettere su quanto è successo, in modo che non si ripeta mai più. Dobbiamo formare cittadini consapevoli, in grado di riconoscere il valore della dignità umana e di combattere ogni forma di intolleranza. La memoria non è solo un dovere, ma anche un richiamo a costruire un mondo più giusto. Come ci insegna Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.” E solo attraverso la conoscenza, il ricordo e la riflessione, possiamo sperare di rendere il nostro futuro un posto più umano. Pensando a quei tempi, sinceramente non vorrei trovarmi oggi a dover essere in condizioni di dover prestare aiuto e magari nascondere qualcuno per salvarlo, così come hanno fatto i “Giusti”, perché mi farei fatto subito sgamare… sì, a me piacerebbe salvare delle persona perché mi ritengo una persona molto servizievole, ma allo stesso tempo non vorrei mettere in rischio la mia vita.

Antonio Calabrese

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Il 27 gennaio 2025, in occasione della Giornata della Memoria, noi, alunni della 2^A dell’Istituto Comprensivo Calò, abbiamo commemorato i deportati nei campi di concentramento e i Giusti tra le nazioni, cioè coloro che, non essendo ebrei, hanno compiuto gesti eroici a rischio della propria vita senza alcun interesse personale per salvare anche un solo ebreo durante il genocidio nazista della Shoah. Abbiamo realizzato una piccola rappresentazione teatrale: durante l’interpretazione dei deportati abbiamo indossato uno scialle grigio, simbolo della tristezza e dell’orrore vissuti, mentre per rappresentare i Giusti abbiamo usato uno scialle colorato, i cui colori trasmettono forza, gioia e vitalità, emozioni positive che i Giusti portavano con sé, pronti ad aiutare gli altri condividendo ciò che avevano e rischiando la propria vita. I fiori sugli scialli mi hanno fatto pensare al risveglio della natura che accompagna la primavera, una stagione serena e gioiosa, un inno alla vita, simile alla gioia e alla serenità che i Giusti portavano nei cuori degli ebrei. La Giornata della Memoria è un giorno da ricordare per evitare che gli uomini ripetano gli errori del passato e per capire l’importanza di combattere ogni forma di discriminazione. È anche un’occasione per ricordare coloro che non ce l’hanno fatta e chi è sopravvissuto. Come Liliana Segre, una ragazza deportata ad Auschwitz-Birkenau a soli 13 anni, che sopravvisse nonostante le tragedie circostanti, come la morte delle donne con cui era internata, le violenze e i lavori forzati. Ricordiamo anche Elisa Springer, autrice del libro “Il silenzio dei vivi”, che testimonia quanto accaduto nei campi di concentramento, nonostante il timore di non essere creduta dopo aver vissuto nell’odio, nella paura, nella sofferenza e nell’orrore. Tra i Giusti ci sono stati individui che, nonostante la povertà, hanno deciso di salvare vite, come Andrée Geulen, giovane insegnante belga che nascose centinaia di bambini in case sicure. La frase che più mi ha colpito di questa giovane insegnante è: “Ogni bambino salvato è una vittoria contro l’odio”, dimostrando come Andrée si sia adoperata per salvare vite e abbia meritato la medaglia di “Giusti tra le nazioni”. Non possiamo dimenticare Oskar Schindler, l’industriale tedesco che, durante la guerra, utilizzò la sua fabbrica per proteggere oltre 1.200 ebrei dagli stermini, acquistandoli per svolgere lavori apparenti. Dopo aver letto alcune delle loro storie, sono rimasta colpita dalla bontà, dalla forza e dal coraggio di queste persone. Mi sono chiesta se avrei avuto lo stesso coraggio e se avrei rischiato la vita per salvare quella degli altri.

Flavia Costantino