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Per ricordare ancora ciò che è stato – Giulia Di Tinco 3C Sc. Sec. I gr Plesso Calò

Ci sono eventi nella storia che non si possono dimenticare, perché dimenticarli significa rischiare di ripeterli. La Shoah è uno di questi. Non è solo un passato lontano, ma un richiamo costante alla nostra umanità, alla nostra responsabilità. Non basta ricordare: dobbiamo capire, dobbiamo scegliere ogni giorno di non essere indifferenti.

La Shoah non è solo il capitolo più nero della storia. La Shoah è la dimostrazione di quanto l’essere umano possa distruggere se stesso. È stato come guardarsi allo specchio e vedere il peggio di noi. Sei milioni di ebrei, rom e sinti, slavi, prigionieri politici, persone con disabilità fisiche e mentali, testimoni di Geova, omosessuali furono uccisi. Sei milioni di persone cancellate con una precisione che fa rabbrividire. Uccidere senza pietà, senza rimorsi, ma con calcoli, numeri, liste. Come se la vita fosse niente. Come se l’essere umano valesse meno di una statistica.

Ma non fermiamoci ai numeri. I numeri non bastano. Chiudiamo gli occhi e proviamo a immaginarli uno per uno: un bambino con il sorriso sdentato, che tiene la mano a sua madre sul vagone di un treno; un ragazzo con la voglia di cambiare il mondo, che abbassa lo sguardo mentre cammina tra gli stivali degli ufficiali; una nonna con le mani rovinate dal lavoro, che sussurra una preghiera prima di essere inghiottita dal fumo di un camino. È questo, la Shoah: vite interrotte, non numeri.

E perché? Perché qualcuno ha deciso che dovevano sparire. ‘Diversi’, dicevano. Ma diversi da chi? Mi fa rabbia anche solo scriverlo: chi decide chi vale di più e chi vale di meno? Nessuno. Eppure qualcuno ci ha provato. Qualcuno ha costruito fabbriche per cancellare persone, come si tritura la spazzatura. E quello che mi fa ancora più paura è che non hanno agito da soli. Una macchina così grande non si costruisce senza complici. Hanno partecipato in tanti, con le azioni, ma anche con il silenzio. Sì, il silenzio. Quello di chi girava la faccia dall’altra parte. Quello di chi diceva: ‘Io non posso farci niente’. Quello di chi ha deciso che il coraggio era troppo faticoso.

Ecco perché ricordare è fondamentale. E non solo per evitare di ripetere gli errori. Ricordare serve a fare i conti con chi siamo. È successo allora e potrebbe succedere ancora. Perché no? Oggi i campi di sterminio esistono ancora, anche se assumono forme diverse. Ma l’odio non è scomparso. Ci sono ancora pregiudizi, battutine, esclusioni. Ci sono ancora i silenzi. E se non facciamo niente, il silenzio diventa assordante. È così che cominciano i mostri: piano piano, quasi senza accorgercene.

La memoria non è un esercizio per emozionarci un giorno e dimenticare tutto il giorno dopo. La memoria serve a tenere gli occhi aperti sempre. Serve a chiederci: io cosa sto facendo oggi? Io da che parte sto? È troppo facile puntare il dito contro quelli del passato. Ma noi? Oggi? Quando vediamo qualcuno discriminato, quando vediamo l’odio crescere, cosa facciamo? Restiamo in silenzio?

Ecco perché La vita è bella è una delle opere cinematografiche più importanti, perché ci ricorda che neanche nel buio più totale puoi spegnere del tutto la luce. Guido, quel papà meraviglioso, non ha armi, non ha potere. È una vittima come le altre. Ma si rifiuta di lasciarsi trasformare in un numero, si rifiuta di perdere la sua umanità. Per suo figlio, trasforma l’orrore in un gioco. Sorride mentre cammina verso la morte, perché vuole che la speranza viva ancora. È questo il punto: anche davanti alla crudeltà più grande, possiamo scegliere. Possiamo sempre scegliere.

La scelta, qui e oggi, non è una battaglia o un sacrificio, ma un gesto più impercettibile, eppure non meno importante. Si può scegliere di ricordare. Si può scegliere di agire, di alzarsi e di ribellarsi ogni volta che l’odio cammina indisturbato. Perché il vero fallimento è l’indifferenza: voltarsi dall’altra parte, dire ‘non tocca a me’.

Che fra cento anni nessuno possa svegliarsi, studiare questo tempo e chiedersi: ‘Ma come hanno potuto non vedere?’ Che sia chiaro che c’è stato chi ha detto no.

Questa è la vera eredità della Shoah: lottare per essere umani. Non grandi, non eroi, semplicemente umani. Ricordare chi ha perso la vita nei campi significa guardare il loro sacrificio e far sì che non sia stato vano.

La memoria non è solo storia. La memoria è una scelta, ogni giorno, su come stare al mondo. E chi ricorda, chi lotta e chi ama non è mai davvero solo.

Giulia Di Tinco 3C